Ecco, ho eliminato dal blog una parte cospicua dei racconti, di cui ho testè ceduto i diritti ad un editore, che in cambio di ciò li tradurrà in formato cartaceo, di carta, carta vera, che si tocca e che si acquista in libreria da settembre. Poiché il gesto dell'editore, che per ora non nominerò, mi pare eroico ci tengo a precisare che non mi ha chiesto denari, e che ha ricevuto e davvero letto il manoscritto pervenuto tramite i canali standard in redazione. Lo ha letto, ha ammesso trattarsi di roba invendibile ma non perciò ne ha sillogizzato l'impubblicabilità. Il che io non credevo possibile, invece accadde. Voi altrettanto eroicamente vi tradurrete perciò in libreria, con ciò falsificando la premessa pure dell'invendibilità a priori. In cambio io ricomincio a scrivere più sul serio qui, vediamo se stavolta riesco...
sabato 19 marzo 2016
domenica 6 marzo 2016
Tarocchi Truccati 8 (I Legionari di Cristo, o della Geometria)
8. I Legionari di Cristo, o della Geometria
Tenne sempre per scabra la superficie ben levigata, priva di
asperità, liscia. Errò perciò il problema, dove un piano inclinato scabro
recava su di sé un rotolevole corpo sferico. Ed andava, quel suo sfero ignaro,
fortissimo, laddove il problema voleva piano (inclinato ma piano). E anche
rigirandosi nella mano quel cioccolato piccolo, nella carta argentata, anni
dopo che l’errore era stato, lo sentiva tuttavia liscio e lo teneva perciò per
scabro, sebbene con dentro un senso d’incerto che non sapeva attribuire. Succedeva
tutte le volte, tutte e anche questa, e anzi questa peggio che nell’altra mano
il gesso era liscio, imperturbatamente liscio nel gesto di scrivere interrotto.
Perché ancora?
La volta prima era stata quella del
dono della cioccolata quadrata, e in ciò non si trova nulla di strano: non nel
cioccolato tondo né il quello quadro, né nel riceverli in dono. Era il contesto
che dava pensiero. Il contesto e la dinamica. E la tempistica forse più ancora,
avvenuti i due fatti a breve distanza.
La volta prima era stato di
ottobre, al Laterano: conferenza sul continuo e il discreto. Come a dire: Lezione
di geometria per sacerdoti. Un tempo, per esser pronti in confessione dicono,
leggevano De Sade, esemplativo, perché occorre conoscere la natura dei peccati
per dare l’assoluzione. Fallacia forse di divisione, costoro volevano dare la
soluzione. Ma poi chi chiede ai preti monaci la soluzione ai problemi? a quelli
di geometria poi? E poi non erano tutti preti monaci. C’erano le suorine pure.
E alquanti docenti variabili, nonché taluni infiltrati. Un noto ebreo comunista
con la barba bianca, amico del Timpanaro.
Abito blu, lei, già strano
vestendo sempre il nero, scarpe impasseggiabili bordeaux, bordeaux la borsa e il
girocollo. Non addomesticate le scarpe facevano male, ma male forte, e il
girocollo lo ruppe giochicchiandoci, subito appena dopo cominciato. Ostentata
indifferenza lo rigirò brevemente nella mano e appallottolatolo lo depose nella
borsa bordeaux, fingendo cercarvici un non so quale attrezzo didattico. O forse
caramelle. Faceva caldissimo. Senza il girocollo, giochicchiando coi
capelli—vedi che giochicchi sempre coi capelli mentre parli in pubblico, le
diceva sua madre, che non è professionale—io non sono mai professionale, mamma—dovresti,
però—insomma, senza girocollo, giochicchiando coi capelli, parlò di quanto poco
si sappia della matematica pre-Euclidea; mise in discussione l’esistenza di
Pitagora, non la figura storica, davvero, ma il suo essere matematico e figlio
di matematico. Ne descrisse in luogo la funzione di gerofante e in proposito le
venne di mettere in discussione il suo, suo di lei, motto prediletto,
falsamente attribuito ad Empedocle, sull’astensione dalla fava (deiloi
pandeiloi kyamon apo cheiras echesthai...), ma rammentando ove si trovasse si
astenne. Nemmeno accennò alla fava di sant’Ignazio (Strychnos Ignatii), e bene
fece, crediamo. Spiegò invece cosa si tiene per modello e perché infondo basta
che funzioni. Concluse col suo pezzo forte: Aristotele che cava il discreto dal
continuo, come da cappello a cilindro (che non per nulla è sesquialtero alla
sfera, e rotola financo più veloce, sul piano non troppo scabro).
Bugiardissima parlatrice: nessuno
nemmeno i preti monaci può sopportare la messa in dubitazone di Pitagora,
quello che si spasseggia caso vuole di presso la bottega del fabbro e ode la
musica delle sfere e fa il teorema e scopre gl’incommensurabili, e spaurisce e
ne fa precetto di silenzio, e getta Ippaso apostata in mare. Bugiardissima
parlatrice ascara con impasseggiabili scarpe bordeaux e la borsa piena di
perline. Ci sono spiegazioni che non si vogliono avute, dati che si vogliono
ignorati—era vestita di rosso lo so...
Ad ogni buon conto taluni li
convinse—quali poi, a posteriori è degno di nota—talaltri restarono forse nel
dubbio, i più nella tetragona certezza di prima. Come pelare i grilli. Ma
tant’è. Dopo finita la discussione istituzionale, assolte le forme e le
cortesie rese (doppiezza e simulazione), s’intrattenne coi facentile cerchio
attorno, coi loro molti casi, le lor castella in capo: sarà mia cura
risponderle, terrò in conto debito la sua acuta osservazione, questione calcitrosa,
questa del quadrare i tondi, ma prenderò in esame la sua interessante proposta…
la faccenda camminava male. Farsi varco,
forzar l’assedio, giocar di calcagna, con garbo epperò con tutta urgenza, vai…
passo, altro passo, fuori bus treno casa calzebraghe di lana… epperò no,
l’altro passo a mezzo, accadde.
Era dapprincipio un drappello di
pretini giovani, neri neri d’abito e lustri di scarpe. Poco discorsevoli, in
quel poco ispanofoni, non parlano parole, tradiscono segni minimi di
approvazione, pare, forse, però la seguono pel corridoio. In formazione
compatta la affiancano, graziosamente salutano, passano oltre. Tutti meno due.
Due non è molti, ma non è nemmeno uno. Due è plurale, quantomeno duale, e due
significa che quando facesse il caso all’uno, l’altro sarebbe lì, a fare il
caso suo: suo e dell’altro, cioè il caso loro. E il caso loro era che dovevano
fermare la femmina blu, le sue scarpe bordeaux e le sue perline, e indirizzarle
discorso, cosa che mai l’uno avrebbe osato solo, né l’altro tantomeno. Ma dei
due l’uno la fermò, l’altro prese parola, l’altro (cioè l’uno) prese la
cioccolata quadrata, che teneva nella cartella di pelle nera e la porse alla
donna blu.
La donna blu la prese, senza
capire. È un regalo, disse il pretino nero. Ci è tanto piaciuta la lezione,
disse l’altro pretino nero. Non abbiamo altro qui con noi, solo questa
cioccolata quadrata, per lei, in cambio della lezione. Per me? La donna blu
capiva che era parte di una scena singolare.
Da dentro la vedeva sfuocata, da
fuori però non c’era nessuno a spiegargliela, e i due pretini neri erano già in
fondo al corridoio, l’azione irripetibile. Avevano lasciato un biglietto da
visita, colla cioccolata, il biglietto recitava “Legionari di Cristo”. Digitò
la stringa su Google, prese la cioccolata e andò a raccontare la storia. Ma nessuno
le crede.
I
geometri non ricevono cioccolate in cambio di lezioni di geometria, i Legionari
di Cristo non regalano cioccolate alle femmine. Infatti la volta dopo non erano
Legionari di Cristo. Non erano nemmeno preti, nemmeno due. Urbino, Lezione di
geometria per filosofi, fibrati cotangenti. Lezione noiosa alquanto,
alleggerita dai disegni alla lavagna. Fingiamo che questo, questo cilindro, sia
un fibrato, lo tagliamo con questa sezione… Io devo andare, prof, prese parola
uno, ho il treno a Pesaro tra poco, e prese il cioccolato tondo dalla tasca e
lo porse alla donna nera (stavolta era nera). La donna nera lo prese, forse
capiva. È un regalo, disse il ragazzo, mi è tanto piaciuta la lezione, non ho
altro qui con me, devo scappare…
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