giovedì 29 dicembre 2016
Incroci Obbligati
Prossima presentazione degli Incroci giovedì 12 gennaio alle 18:00 alla libreria Lovat di Trieste. Appena ho la locandina la aggiungo.
giovedì 24 novembre 2016
Tarocchi Truccati 10 (Le Vasche)
10. Le vasche
… sette sette sette sette sette otto otto non
se n’è accorto nessuno otto otto non è pensabile otto ci deve essere un trucco
otto otto un un complotto nove nove come dentro
quel film incomprensibile nove nove e però bellissimo nove nove nove che mi
pareva di capire ma non capivo bene nove nove nove nove ero troppo giovane nove
nove perché me lo fecero vedere non so nove dieci dieci dieci il complotto del
serbatoio i signori settanta e settantuno dieci dieci dieci che bello a
settantuno ne mancano solo nove ad arrivare a ottanta dieci dieci dieci undici
undici undici undici nel film c’era di bello la fissazione dell’acqua ma era
sempre un’acqua scura undici undici undici undici o era scuro fuori undici
undici o scura l’acqua o scuro fuori undici dodici notte dodici dodici ma non
necessariamente notte anche giorno di tempesta dodici dodici o vento forte
sulla casa bianca sulla spiaggia dodici dodici dodici tredici e uomini grassi
tredici tredici tredici tredici guardandolo ho pensato gli fosse venuto in
mente anche a lui così tredici tredici tredici quattordici quattordici contando
le vasche quattordici quattordici per anni contare le vasche come se non
bastasse quattordici quattordici quindici quindici quindici se non bastasse la
fatica quindici la fatica e la noia quindici sedici sedici sedici la noia e la
fatica sedici e la ripetizione sedici sedici la ripetizione in sé sedici
l’oltranza sedici sedici sedici sedici l’oltranza e la ripetizione questi
occhialini stringono troppo diciassette all’occhio destro ma sennò entra acqua
diciassette diciassette diciassette diciotto non sopporto l’acqua dentro gli
occhialini diciotto meglio così diciotto diciotto fare il vuoto quasi diciotto
che quasi diciotto diciotto a Roma dicono taluni dieciotto dieciotto e
dieciannove che quasi mi risucchia fuori la palla diciannove diciannove
dell’occhio diciannove destro diciannove diciannove venti sempre solo il destro
venti venti venti deve essere diverso l’occhio destro da quello sinistro venti
venti venti i visi simmetrici appaiono allo specchio venti venti ventuno
ventuno ventuno cioè ai proprietari ventuno ventuno ventuno ai proprietari del
viso quasi come agli altri ventuno ventuno ventuno che li vedono diretti
ventidue ventidue ventidue non riflessi ventidue mentre i portatori di visi
asimmetrici ventidue ventidue ventidue appaiono molto differenti a sé stessi e
agli altri ventitré io per esempio ventitré ventitré ventitré…
venerdì 30 settembre 2016
venerdì 23 settembre 2016
Incroci Obbligati
Il libro è uscito davvero (anche se io non l'ho materialmente ancora visto, ma così mi dicono).
Tale appare:
Da dietro |
Da davanti |
La prima presentazione sarà a Udine, alla libreria Einaudi di via Vittorio Veneto, il 12 ottobre alle 18.
Poi a Trieste a novembre ma per ora non ho informazioni più precise.
Verrete vero, se si daranno date nei vostri dintorni?
Ovvero se conoscete luoghi ove pensate sarebbe bello fare una presentazione (librerie reazionarie, consessi di lettori di racconti illeggibili, giardinetti, dopolavori…) fatemi sapere, magari riusciamo a organizzare qualcosa.
E grazie per avermi letta sinora.
lunedì 5 settembre 2016
Incroci Obbligati
Sarà in libreria il 22 settembre. Con una copertina un po' diversa da quella prevista, ma non brutta. Vero che anche se è un po' che non scrivo qui (ma riprenderò, prometto) andrete a comprarne molte e molte e molte copie?
Ci saranno inoltre alcune presentazioni: appena ho date e luoghi avviso.
Ci saranno inoltre alcune presentazioni: appena ho date e luoghi avviso.
domenica 15 maggio 2016
Tarocchi Truccati 5 (Il Cuculo)
5. Il Cuculo
Ora che tempo bastevole è stato in mezzo, e spazio molto, e
cose, posso dire del cuculo. Il cuculo è uccello di colore e di grandezza di
simiglianza di sparviere, salvo che è più lungo, ed ha il becco teso. E le
sedie parate a damasco. Nella superstizione popolare si ha per portator di
presagio. Esso è dispari.
In stagione buona andavano al
fiume, un fiume di acqua ghiaccia, da stare sui sassi al sole, come i ramarri.
Solo meno verdi, meno squamosi, meno ignari del mondo. Lei di più. E il cuculo
era il segno della differenza: la consapevolezza da una parte sola, la
laplaciana condizione della divinità: di là sta quello che ha deciso; di là, da
quell’altra parte, su quell’altro sasso più piccolo, sta quella che nemmeno sa
che una decisione fosse da decidersi. In mezzo sta il cuculo, ed esso sa.
Perciò guarda quello che non sa, e vede che sta facendo quello che fa e pensando
quello che pensa, come se decisione non fosse stata decisa, nessuna. Quello che
sa, perché ha deciso la decisione, anche lui fa, come se non sapesse, ma sa; e
a rammentarlo, dopo, è insofferibile.
Il cuculo
è la carta che vince. Come le buste con dentro i risultati. Come un pomeriggio che due, poniamo i due dei
sassi, vanno a fare fascine, poniamo di faggio, per i piselli. Poniamo sia
di lunedì, e mentre le fanno su uno, quello più ignaro, pensa i pensieri che ha
pensato tutti i lunedì, di tutte le settimane di prima, e guarda le cose come
le ha guardate tutti i lunedì, di tutte le settimane di prima, e parla le
stesse parole; l’altro invece sa che martedì se ne va. Martedì, cioè domani, e
però fa quelle stesse cose, e dice quelle parole, le stesse di tutti i lunedì
di prima. Pensare a questa cosa delle fascine è quasi impossibile ancora
adesso, che è passato molto spazio, e c’è stato tempo, e cose, e di quell’uomo
quasi estraneo non le importa più quasi nulla. È lo iato, atemporale e
laplaciano, che a rammentarlo è insofferibile. È il cuculo che ha messo i risultati nelle buste. Come quella sera al telefono col padre, che lo
sapeva, il padre, che si sarebbe sparato il mattino dopo. E la figlia no. E
lui, il padre, era infelice. La figlia non ancora. E il cuculo era sul paletto
dell’orto. “What are we doing in here, Chief?”
venerdì 15 aprile 2016
sabato 19 marzo 2016
Incroci Obbligati
Ecco, ho eliminato dal blog una parte cospicua dei racconti, di cui ho testè ceduto i diritti ad un editore, che in cambio di ciò li tradurrà in formato cartaceo, di carta, carta vera, che si tocca e che si acquista in libreria da settembre. Poiché il gesto dell'editore, che per ora non nominerò, mi pare eroico ci tengo a precisare che non mi ha chiesto denari, e che ha ricevuto e davvero letto il manoscritto pervenuto tramite i canali standard in redazione. Lo ha letto, ha ammesso trattarsi di roba invendibile ma non perciò ne ha sillogizzato l'impubblicabilità. Il che io non credevo possibile, invece accadde. Voi altrettanto eroicamente vi tradurrete perciò in libreria, con ciò falsificando la premessa pure dell'invendibilità a priori. In cambio io ricomincio a scrivere più sul serio qui, vediamo se stavolta riesco...
domenica 6 marzo 2016
Tarocchi Truccati 8 (I Legionari di Cristo, o della Geometria)
8. I Legionari di Cristo, o della Geometria
Tenne sempre per scabra la superficie ben levigata, priva di
asperità, liscia. Errò perciò il problema, dove un piano inclinato scabro
recava su di sé un rotolevole corpo sferico. Ed andava, quel suo sfero ignaro,
fortissimo, laddove il problema voleva piano (inclinato ma piano). E anche
rigirandosi nella mano quel cioccolato piccolo, nella carta argentata, anni
dopo che l’errore era stato, lo sentiva tuttavia liscio e lo teneva perciò per
scabro, sebbene con dentro un senso d’incerto che non sapeva attribuire. Succedeva
tutte le volte, tutte e anche questa, e anzi questa peggio che nell’altra mano
il gesso era liscio, imperturbatamente liscio nel gesto di scrivere interrotto.
Perché ancora?
La volta prima era stata quella del
dono della cioccolata quadrata, e in ciò non si trova nulla di strano: non nel
cioccolato tondo né il quello quadro, né nel riceverli in dono. Era il contesto
che dava pensiero. Il contesto e la dinamica. E la tempistica forse più ancora,
avvenuti i due fatti a breve distanza.
La volta prima era stato di
ottobre, al Laterano: conferenza sul continuo e il discreto. Come a dire: Lezione
di geometria per sacerdoti. Un tempo, per esser pronti in confessione dicono,
leggevano De Sade, esemplativo, perché occorre conoscere la natura dei peccati
per dare l’assoluzione. Fallacia forse di divisione, costoro volevano dare la
soluzione. Ma poi chi chiede ai preti monaci la soluzione ai problemi? a quelli
di geometria poi? E poi non erano tutti preti monaci. C’erano le suorine pure.
E alquanti docenti variabili, nonché taluni infiltrati. Un noto ebreo comunista
con la barba bianca, amico del Timpanaro.
Abito blu, lei, già strano
vestendo sempre il nero, scarpe impasseggiabili bordeaux, bordeaux la borsa e il
girocollo. Non addomesticate le scarpe facevano male, ma male forte, e il
girocollo lo ruppe giochicchiandoci, subito appena dopo cominciato. Ostentata
indifferenza lo rigirò brevemente nella mano e appallottolatolo lo depose nella
borsa bordeaux, fingendo cercarvici un non so quale attrezzo didattico. O forse
caramelle. Faceva caldissimo. Senza il girocollo, giochicchiando coi
capelli—vedi che giochicchi sempre coi capelli mentre parli in pubblico, le
diceva sua madre, che non è professionale—io non sono mai professionale, mamma—dovresti,
però—insomma, senza girocollo, giochicchiando coi capelli, parlò di quanto poco
si sappia della matematica pre-Euclidea; mise in discussione l’esistenza di
Pitagora, non la figura storica, davvero, ma il suo essere matematico e figlio
di matematico. Ne descrisse in luogo la funzione di gerofante e in proposito le
venne di mettere in discussione il suo, suo di lei, motto prediletto,
falsamente attribuito ad Empedocle, sull’astensione dalla fava (deiloi
pandeiloi kyamon apo cheiras echesthai...), ma rammentando ove si trovasse si
astenne. Nemmeno accennò alla fava di sant’Ignazio (Strychnos Ignatii), e bene
fece, crediamo. Spiegò invece cosa si tiene per modello e perché infondo basta
che funzioni. Concluse col suo pezzo forte: Aristotele che cava il discreto dal
continuo, come da cappello a cilindro (che non per nulla è sesquialtero alla
sfera, e rotola financo più veloce, sul piano non troppo scabro).
Bugiardissima parlatrice: nessuno
nemmeno i preti monaci può sopportare la messa in dubitazone di Pitagora,
quello che si spasseggia caso vuole di presso la bottega del fabbro e ode la
musica delle sfere e fa il teorema e scopre gl’incommensurabili, e spaurisce e
ne fa precetto di silenzio, e getta Ippaso apostata in mare. Bugiardissima
parlatrice ascara con impasseggiabili scarpe bordeaux e la borsa piena di
perline. Ci sono spiegazioni che non si vogliono avute, dati che si vogliono
ignorati—era vestita di rosso lo so...
Ad ogni buon conto taluni li
convinse—quali poi, a posteriori è degno di nota—talaltri restarono forse nel
dubbio, i più nella tetragona certezza di prima. Come pelare i grilli. Ma
tant’è. Dopo finita la discussione istituzionale, assolte le forme e le
cortesie rese (doppiezza e simulazione), s’intrattenne coi facentile cerchio
attorno, coi loro molti casi, le lor castella in capo: sarà mia cura
risponderle, terrò in conto debito la sua acuta osservazione, questione calcitrosa,
questa del quadrare i tondi, ma prenderò in esame la sua interessante proposta…
la faccenda camminava male. Farsi varco,
forzar l’assedio, giocar di calcagna, con garbo epperò con tutta urgenza, vai…
passo, altro passo, fuori bus treno casa calzebraghe di lana… epperò no,
l’altro passo a mezzo, accadde.
Era dapprincipio un drappello di
pretini giovani, neri neri d’abito e lustri di scarpe. Poco discorsevoli, in
quel poco ispanofoni, non parlano parole, tradiscono segni minimi di
approvazione, pare, forse, però la seguono pel corridoio. In formazione
compatta la affiancano, graziosamente salutano, passano oltre. Tutti meno due.
Due non è molti, ma non è nemmeno uno. Due è plurale, quantomeno duale, e due
significa che quando facesse il caso all’uno, l’altro sarebbe lì, a fare il
caso suo: suo e dell’altro, cioè il caso loro. E il caso loro era che dovevano
fermare la femmina blu, le sue scarpe bordeaux e le sue perline, e indirizzarle
discorso, cosa che mai l’uno avrebbe osato solo, né l’altro tantomeno. Ma dei
due l’uno la fermò, l’altro prese parola, l’altro (cioè l’uno) prese la
cioccolata quadrata, che teneva nella cartella di pelle nera e la porse alla
donna blu.
La donna blu la prese, senza
capire. È un regalo, disse il pretino nero. Ci è tanto piaciuta la lezione,
disse l’altro pretino nero. Non abbiamo altro qui con noi, solo questa
cioccolata quadrata, per lei, in cambio della lezione. Per me? La donna blu
capiva che era parte di una scena singolare.
Da dentro la vedeva sfuocata, da
fuori però non c’era nessuno a spiegargliela, e i due pretini neri erano già in
fondo al corridoio, l’azione irripetibile. Avevano lasciato un biglietto da
visita, colla cioccolata, il biglietto recitava “Legionari di Cristo”. Digitò
la stringa su Google, prese la cioccolata e andò a raccontare la storia. Ma nessuno
le crede.
I
geometri non ricevono cioccolate in cambio di lezioni di geometria, i Legionari
di Cristo non regalano cioccolate alle femmine. Infatti la volta dopo non erano
Legionari di Cristo. Non erano nemmeno preti, nemmeno due. Urbino, Lezione di
geometria per filosofi, fibrati cotangenti. Lezione noiosa alquanto,
alleggerita dai disegni alla lavagna. Fingiamo che questo, questo cilindro, sia
un fibrato, lo tagliamo con questa sezione… Io devo andare, prof, prese parola
uno, ho il treno a Pesaro tra poco, e prese il cioccolato tondo dalla tasca e
lo porse alla donna nera (stavolta era nera). La donna nera lo prese, forse
capiva. È un regalo, disse il ragazzo, mi è tanto piaciuta la lezione, non ho
altro qui con me, devo scappare…
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