domenica 15 maggio 2016

Tarocchi Truccati 5 (Il Cuculo)

5. Il Cuculo
Ora che tempo bastevole è stato in mezzo, e spazio molto, e cose, posso dire del cuculo. Il cuculo è uccello di colore e di grandezza di simiglianza di sparviere, salvo che è più lungo, ed ha il becco teso. E le sedie parate a damasco. Nella superstizione popolare si ha per portator di presagio. Esso è dispari.
In stagione buona andavano al fiume, un fiume di acqua ghiaccia, da stare sui sassi al sole, come i ramarri. Solo meno verdi, meno squamosi, meno ignari del mondo. Lei di più. E il cuculo era il segno della differenza: la consapevolezza da una parte sola, la laplaciana condizione della divinità: di là sta quello che ha deciso; di là, da quell’altra parte, su quell’altro sasso più piccolo, sta quella che nemmeno sa che una decisione fosse da decidersi. In mezzo sta il cuculo, ed esso sa. Perciò guarda quello che non sa, e vede che sta facendo quello che fa e pensando quello che pensa, come se decisione non fosse stata decisa, nessuna. Quello che sa, perché ha deciso la decisione, anche lui fa, come se non sapesse, ma sa; e a rammentarlo, dopo, è insofferibile.
Il cuculo è la carta che vince. Come le buste con dentro i risultati. Come un pomeriggio che due, poniamo i due dei sassi, vanno a fare fascine, poniamo di faggio, per i piselli. Poniamo sia di lunedì, e mentre le fanno su uno, quello più ignaro, pensa i pensieri che ha pensato tutti i lunedì, di tutte le settimane di prima, e guarda le cose come le ha guardate tutti i lunedì, di tutte le settimane di prima, e parla le stesse parole; l’altro invece sa che martedì se ne va. Martedì, cioè domani, e però fa quelle stesse cose, e dice quelle parole, le stesse di tutti i lunedì di prima. Pensare a questa cosa delle fascine è quasi impossibile ancora adesso, che è passato molto spazio, e c’è stato tempo, e cose, e di quell’uomo quasi estraneo non le importa più quasi nulla. È lo iato, atemporale e laplaciano, che a rammentarlo è insofferibile. È il cuculo che ha messo i risultati nelle buste. Come quella sera al telefono col padre, che lo sapeva, il padre, che si sarebbe sparato il mattino dopo. E la figlia no. E lui, il padre, era infelice. La figlia non ancora. E il cuculo era sul paletto dell’orto. “What are we doing in here, Chief?”