martedì 22 settembre 2015

Tarocchi Truccati 4 (I Pali del telegrafo)

4. I pali del telegrafo
Sotto i pali del telegrafo, quello che poteva accadere, tutto è accaduto. Anna Bronski, poi coniugata Koljaiczek, ha concepito.
Le gonne larghe (der weite Rock) di Anna Bronski, poi coniugata Koljaiczek, sono brune. Le gonne larghe di Therese Krumbholz, poi coniugata Kien, sono azzurre inamidate. Le gonne della principessa Uchtomskij sono nere, sul treno che passa accanto ai pali del telegrafo.
Tra i pali del telegrafo, verso la fornace, corrono tre uomini e Anna Bronski, poi coniugata Koljaiczek, arrostisce le patate. Kolja pedala forte sulla bicicletta, senza cappello, con scarpe di tela. La bambina coi pattini pattina. Questo sotto i pali del telegrafo. Sopra i pali e sopra i fili stanno gli stormi di rondini, i residui delle piogge recenti, le inquietudini da dimenticare. Dentro i fili c’è un succo, come nel tralcio della vite. Dentro i fili ci sono le storie.

I fili del telegrafo cantavano un canto elettrico (they sang a song), suonavano un suono mollo, come arpa lenta di corde (weichen Saiten). O era il dio inetto?[1] I fili del telegrafo ronzavano.

Nella stazione del telegrafo tre uomini ascoltavano il canto mollo, che cantava storie variabili: storie tristi, storie molto tristi, storie fastose, storie spesso distorte: Serafino, João e Gabriel Eligio. Decifratori di storie.

Nelle storie vere, correnti dentro il filo, si erano intruse le intrusioni anapestiche delle rondini serali, sul filo mnemonico, posate e catenarie. E il polso delle piogge scostanti. E le oscillazioni periodiche dei venti. E complicavano i costrutti: come una lettera dettata sul treno di notte, o un tango ballato con un parletico: le frasi si sbriciolavano, le parole dentro si decomponevano, e prima si separavano con astio rovinoso, poi la concordia le univa, e poi l’astio le separava e la concordia le univa, e l’astio le separava e la concordia le univa… il logos savio di Eraclito in mano a compare Empedocle burlone. Versi interpunti male, d’inegualità stravagante. Pesame di senso. I significati eccedevano i metri.

Così alcune storie uscirono zoppe; monche e cionche; fratturate scomposte; contuse lacere sporche. Perdutamente scorrette. Altre soltanto si erano incrociate: le gonne di Anna Bronski, coniugata Koljaiczek, le gonne di Therese Krumbholz, coniugata Kien, le gonne della principessa Uchtomskij … le gonne ditirambiche danzavano, come in un artificio di pazienza, disposte a perpetua perduranza.



[1] Me jode confesarlo, pero la vida es también un bandoneón: hay quien sostiene que lo toca dios, pero yo estoy seguro que es Troilo, ya que dios apenas toca el arpa, y mal.

4 commenti:

  1. L'immagine delle inquietudini da dimenticare sopra i fili del telegrafo, assieme alle rondini, è molto suggestiva.
    Una curiosità: l'aver frequentato il liceo classico (ammesso di non sbagliarmi, è solo una supposizione) è stato fondamentale per i riferimenti letterari più o meno nascosti nei vari racconti?

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  2. L'averlo frequentato lei o io? Io daddovero non lo frequentai. All'epoca pensavo che tutto ciò che non fosse fisica, o matematica (già la chimica era roba deteriore), fosse del tutto trascurabile, quando non dannoso. E comunque troppo facile per esser preso in considerazione (ero una bambina antipatica). Poi un giorno acquistai in stazione (già facevo il dottorato, ahimè) Tropico del Cancro, e fu come una specie di botta forte sul capo. Già dall'inizio, ma poi quando c'è il pezzo dove spiega che tutto scorre, forse verso la fine, ora non rammento, allora cominciai a capire che non avevo capito nulla. Mai nulla.

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  3. Lei. Nemmeno io l'ho frequentato. La verità è che stavo tentando di trovare un'attenuante al fatto di aver cercato Anna Bronski su un motore di ricerca, il ché, in realtà, forse non è molto giustificabile.

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  4. Beh, però non è una situazione simmetrica: io so di che si tratta solo perché l'ho scritto io, e ho appunto scritto di cosa che conosco, e taciuto del resto. Poi questa idea era lì da tempo, ed era stata a lungo preparata, raccolti i dati in un quadernino apposito, scritti pezzi e riscritti pezzi: in realtà voleva essere anche questa davvero un racconto, nel senso che le varie storie erano davvero intese svolgersi, e incrociarsi, nei fili del telegrafo. E i tre tizi erano intesi davvero narrarle. Solo che stava andando troppo per le lunghe, e con i tempi che riesco a tenere in questo periodo, tipo qualche ora ogni tanto, una mezza giornata ogni tantissimo, finiva che restava tutto lì. Quindi intanto ne ho messo in ordine un pezzo, una specie di abstract, in cui è concentrato tutto, citazioni comprese. Poi prima o poi arriva anche il resto. Prima o poi. Forse.

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