martedì 1 settembre 2020

Verticali 3

 


Il nulla è lungo

 

Nel senso della brevità, a direzione fissata, il nulla è lungo. In controsenso è tuttavia impercorribile, o percorribile a fatica, e ciò massimamente, appunto, nel verso del tempo.

Per quanto sia lungo, inoltre, il nulla è sempre assai più largo, a profondità fissata, il che significa più voluminoso. Quanto?

Posto che, da un lato, ci sia chi tenga in pregio di saperlo, e accettato, dall’altro, che sia a priori da escludersi di poterlo misurare direttamente, e ciò per ovvie ragioni, di più non si potrà fare se non esporre qui al disteso, e all’indirizzo di chi sappia giovarsene, una procedura elementare ma efficace per la stima numerica del volume del nulla.

La teoria che ci sta dietro non la si espone, dacché la detta procedura è identica, fatte salve le differenze, a quella di cubatura del segmento di paraboloide: prima si approssima da fuori, poi da dentro. Da fuori si tratta di passare in rassegna, ordinandole in ordine decrescente di volume, le cose che contengono il segmento, o nel nostro caso il nulla; similmente da dentro si elencano le cose che il segmento, o il nulla, contiene, questa volta in ordine di volume crescente.

In virtù del principio secondo cui il contenuto è sempre minore del suo contenitore, e il contenitore è sempre maggiore del suo contenuto, si può concludere che necessariamente il volume del nulla, come già quello del segmento di paraboloide, è compreso tra quello del più piccolo elemento della prima lista e quello del più grande della seconda. Tanto più i due volumi sono vicini, tanto migliore è la stima.

Si comincerà pertanto con l’elenco dei contenitori del nulla, primo tra tutti, per dimensioni e per data, lo sbadiglio cosmico, vale a dire il Caos che separa in principio il Cielo dalla Terra.

In secondo luogo si pongono gli archi di ponti sul fiume impaludato in magre stagnazioni plumbee, meno eccedentemente grandi del caos primordiale ma anch’essi in un certo qual modo enormemente vuoti.

Al terzo posto, non enorme ma ancora notevole non che altro sul piano simbolico, si registra chi suda in vano e di adulati capricci si trastulla; anche costui abbraccia infatti un nulla, con un abbraccio però di capienza media, metricamente esprimibile in termini di reti di ragno. 

Si può dire ancora che niente, un niente di poca estensione ma di molto momento, sia contenuto nelle distanti Stanze, beninteso prima che sian calpeste dal trottante zoccolo dell’Energia.

Si deve dire infine del nulla estremo, minimo per piccolezza e rilevanza, che risulta dal Casellario Giudiziale, la cui singola casella, quella che materialmente contiene il nulla, misura circa 320 centimetri cubi.

Questo per quel che concerne la prima lista, che era più facile, non richiedendo all’estensore molto altro che una certa oculatezza nello scegliere, tra i numerosi esempi che naturalmente gli si offrono, i più acconci. Con troppa più difficoltà ci si accinge a stender la seconda, giacché se da un canto gli esempi di cose con niente dentro son molti, tanto che riconoscerli è solo questione di esperienza, non si dà per contro nessun esempio evidente di niente con dentro qualcosa. Anzi, il niente essendo in sé naturalmente ovviamente vuoto, riempirlo è sempre questione di violenza. Che significa sforzo, che significa qualcuno che lo eserciti : non dall’esperienza comune si ricava dunque la nozione di contenuto del nulla, ma al più dall’esperimento, che è come dire dalla forzatura: tanto maggiore è il contenuto che si intende inserire, tanto maggiore è lo sforzo richiesto all’inserimento, tanto maggiore è la violenza perpetrata all’ordine naturale delle cose.

Si comincia dunque la seconda lista con un’introduzione facile, che è quella degli spiriti del mercurio, ossia di quelle parti sottilissime che, involandosi furtivamente, riempiono il vuoto dei termometri (non per niente gli antichi han dato a Mercurio il portare, solo tra i sette metalli, le piume in capo e l’ali ai piedi). In quanto sostanza sottilissima, leggera ed altamente comprimibile, gli spiriti occupano infatti un volume, e richiedono uno sforzo, trascurabile.

Più sforzo e più volume comporta al contrario l’inserimento nel nulla di svariati animali terrestri e volatili, come testimoniato dagli esperimenti dell’eruditissimo Boyle. Tralasciando il caso dell’anguilla, che si estende in una sola dimensione, l’animale di volume massimo costringibile nel vuoto pneumatico risulta il granchio tenero, o al più il ranocchio; li poniamo, o l’uno o l’altro, al secondo punto della lista.

È indubbio infatti che, per quanto espansi, né l’uno né l’altro potranno mai eccedere in volume l’ombra, l’umana bestemmia, l’inesistenza e la cenere, le quali a forza e a ragione occupano il terzo posto.

Anche il loro riempire è tuttavia perfettibile, essendo esse stesse meno voluminose, e meno rovinose, del ciarpame e dei rancidi feticci: forcine, cappelli, provette, ciondoli di vecchie cassapanche, nastri, chiavette, trucioli che non solo farciscono i visceri al nulla ma ne disperdono al contempo raffiche e lusinghe.

È questo, del ciarpame, l’ultimo punto della lista, la ripienezza massima patita dal nulla, e ammonta in totale, nel senso del volume, a circa 300 centimetri cubi. Da qualche parte dunque, tra il denso viluppo dei rancidi feticci e il luogo tetragono del Casellario Giudiziale – in cifre, tra 300 e 320 centimetri cubi – troverà, chi ve lo cerchi, lo stimato volume del nulla.

 

 

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